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*

 

quanto era bello il mare azzurro d’estate il vento

fra i corridoi il bianco nelle case illuminate dal sole

poi ho visto le cose sformarsi e mettersi a soffrire

come se si fossero pentite della loro felicità

 

 

*

 

dalla finestra sentiva il rumore del vento

la vita nel ventre pulsava

i rami sul vetro come unghie

appuntite laceravano la luce

convocavano Dio per vedere

la carne quando è sola

 

 

*

 

non aveva vissuto abbastanza?

ora basta voleva morire nessuno

dovrebbe attendere tanto la morte

nessuno dovrebbe contare i minuti

fra fitte più fonde che strappano

alla vita decente che differenza

c’era fra lui e il letto se non

che lui sentiva il dolore?

 

 

*

 

diceva che la vita era bella se presa a piccole dosi

ogni giorno una piccola fiammella che stai lì a soffiare

può darsi che nemmeno Dio si accorga

che sei viva e ti risparmi la morte

 

 

*

 

sui rami spezzati

come dita

senza unghie

mi ero messa senz'armi

il vento malato

staccava foglie dal tronco

scorticava la ferita

 

mi ero messa in quel

preciso punto

in quell'accanimento

con le parole in bocca

senza saperne il senso

 

 

*

 

aveva una gamba che non ubbidiva più

una gamba malata, non lei, la gamba

sicché la sua anima era un’maratoneta

la sua anima scorrazzava ovunque

questo era il suo dolore, che l’anima

era finita per zoppicare anche a furia

di trascinarsi il corpo come un peso morto

 

 

 

[ Tratte dal libro La carne quando è sola (Self Editrice, Firenze, 2011) ]


 Michele Passalacqua - 14/09/2011 22:59:00 [ leggi altri commenti di Michele Passalacqua » ]

Dalla finestra sentiva il rumore del vento
la vita nel ventre pulsava
i rami sul vetro come unghie
appuntite laceravano la luce
convocavano Dio per vedere
la carne quando è sola.

***

Ho ripetuto, sillaba per sillaba, questa poesia, perché la trovo perfetta.

 Lorena Turri - 30/07/2011 11:23:00 [ leggi altri commenti di Lorena Turri » ]

E’ raro leggere poesie così belle e potenti. Grazie.

 Maria Musik - 30/07/2011 10:02:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Bellissime... se esistesse la perfezione, le direi perfette!
In particolare, mi ha commossa e colpita questa:
"non aveva vissuto abbastanza?
ora basta voleva morire nessuno
dovrebbe attendere tanto la morte
nessuno dovrebbe contare i minuti
fra fitte più fonde che strappano
alla vita decente che differenza
c’era fra lui e il letto se non
che lui sentiva il dolore?"

 Liliana Zinetti - 27/07/2011 16:17:00 [ leggi altri commenti di Liliana Zinetti » ]

Delicate e nella loro delicatezza assolutamente efficaci; pennellate di luci e ombre.
Liliana Z.

 paolo polvani - 26/07/2011 14:20:00 [ leggi altri commenti di paolo polvani » ]

trovo perfette le parole che vincenzo guarracino ha scritto nella presentazione a un libro precedente di vera, la guarigione, edito dalla fenice di senigallia nel 2000:
"...ci troviamo di fronte a una concezione molto personale del valore catartico e salvifico del linguaggio, di un linguaggio proteso sull’abisso e tutto fatto di parole minuscole, di dimessa quotidianità e devozione al male luminoso della vita, al deposito buio capace di tramutarsi in flusso di canto"

 Mariella Bettarini - 25/07/2011 18:49:00 [ leggi altri commenti di Mariella Bettarini » ]

Davvero forti, commoventi, umanissime (e perciò stesso autenticamente poesie) questi sei testi di Vera Lùcia de Oliveira.
Poesie esemplari per tutti noi. Grazie di averci dato la possibilità di conoscerle, di condividerle.

 Loredana Savelli - 25/07/2011 17:01:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Davvero potenti queste poesie del dolore fisico e, conseguentemente, spirituale: un punto di vista lucido e carnale, che urla nella voce della poetessa.
Grazie per la proposta.

 Narda Fattori - 25/07/2011 14:01:00 [ leggi altri commenti di Narda Fattori » ]

Vera Lucia de Oliveira è una poetessa confermata che maschera sotto visioni dolci e un morbido fluire l’asprezza della vira , le storture.
Anche in queste poesie che toccano diversi eventi, ispezioni e punti di vista alternativi, non manca di far sentire un oltre che è oltranza rispetto alla persistenza.

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